Qualificazione di fatto storico e caput nullitatis nel processo canonico

Autori

  • Paolo Giuseppe Maria Lobiati

DOI:

https://doi.org/10.19272/202108601004

Parole chiave:

Capo di nullità, fatto storico, difetto di consenso, causa petendi, formula del dubbio, potere del giudice

Abstract

Il fine ultimo del processo di nullità matrimoniale coincide con il fine supremo dell’ordinamento canonico: la salvezza delle anime. In vista di esso, per evidenziare l’intento di comprendere il vissuto integrale del fedele, parte della giurisprudenza sottolinea l’importanza del recupero della formula “generica” di nullitas ob defectum consensus senza ulteriore specificazione del capo di nullità, elemento su cui si richiede una ulteriore riflessione. In tale ottica si ritiene utile ed opportuno recuperare nel sillogismo probatorio anche la distinzione, che a molti può sembrare pleonastica o addirittura desueta, tra causa petendi proxima (ad indicare il caput nullitatise causa petendi remota (ad indicare i fatti storici da disvelare): essa infatti, non costituisce un mero esercizio formalistico ma aiuta il giudice a comprendere correttamente la nozione di capo di nullità, evitando così l’eccessivo formalismo, che impedisce la comprensione corretta dei fatti per il raggiungimento della verità, o l’esasperato empirismo che si allontana da qualsiasi classificazione giuridica. Questa distinzione permette di dare ragione, così, della dottrina e della giurisprudenza che vedono in capo al giudice sia la facoltà di modificare il capo di nullità in fase decisoria.

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Pubblicato

2021-05-24

Fascicolo

Sezione

Dottrina